Partiamo da un dato che fa riflettere: il sessanta percento delle infedeltà coniugali avviene sul luogo di lavoro. Non nei bar, non alle feste, non sulle app di incontri, ma proprio lì, tra scrivanie, riunioni e pause caffè. Prima che partiate con la paranoia verso il collega troppo carino del vostro partner, cerchiamo di capire cosa succede davvero.
Nessuno si sveglia la mattina pensando che la giornata in ufficio sarà quella in cui tradirà. Eppure certi ambienti di lavoro sembrano funzionare come acceleratori di situazioni complicate. Non perché chi ci lavora sia moralmente deficitario, ma perché alcune professioni creano condizioni perfette per quello che gli psicologi chiamano il triangolo dell’infedeltà: opportunità, vulnerabilità personale e momento critico.
Gli studi e i sondaggi condotti negli ultimi anni da piattaforme come Gleeden, YouGov e la Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica hanno individuato pattern ricorrenti. Ci sono settori dove tradire risulta statisticamente più frequente, e non è un caso. Stiamo parlando di sondaggi auto-dichiarati, non di sentenze morali. Sono fotografie di tendenze, non certificati di infedeltà garantita.
Le categorie professionali che compaiono sempre nelle ricerche
Se scorrete i risultati dei vari sondaggi internazionali condotti su migliaia di persone, certi nomi saltano fuori con una regolarità impressionante. Venditori, insegnanti, operatori sanitari come medici e infermieri, lavoratori dei trasporti tipo piloti e assistenti di volo, professionisti della ristorazione e dell’ospitalità, broker e analisti finanziari, informatici, membri delle forze armate.
Poi ci sono manager e dirigenti aziendali, avvocati, artisti e professionisti della vita notturna, esperti di relazioni pubbliche e comunicazione, atleti professionisti. Una lista eterogenea che a prima vista sembra casuale. Invece no: questi lavori condividono caratteristiche strutturali molto precise che trasformano l’ambiente professionale in una zona grigia emotiva.
Un sondaggio britannico su tremilottocento persone ha confermato che le categorie con più tradimenti auto-riferiti sono quelle dove si lavora su turni irregolari, si viaggia spesso, si gestisce stress cronico e si passa tantissimo tempo a stretto contatto con colleghi. Non è la professione in sé a tradire, sono le condizioni che crea.
Quando l’ufficio diventa il posto più pericoloso per la coppia
Pensateci un attimo: dove passate la maggior parte del tempo da svegli? Probabilmente al lavoro. Con chi condividete sfide, frustrazioni, piccole vittorie quotidiane? Con i colleghi. E quando tornate a casa dopo dieci ore di turno o una settimana di trasferta, quanta energia vi resta per costruire intimità col partner? Pochissima.
Il workplace è primary breeding ground per l’infedeltà non per caso. È il risultato matematico di una serie di fattori che si sommano: prossimità fisica costante, condivisione emotiva intensa, momenti di vulnerabilità condivisi, alcol dopo le riunioni, viaggi dove il controllo sociale è zero. Aggiungeteci magari un matrimonio già fragile o un momento personale difficile, ed ecco servito il cocktail perfetto.
I meccanismi psicologici dietro i numeri
Gli psicologi che studiano l’infedeltà non danno colpe alle professioni, ma analizzano le condizioni ambientali amplificanti. Alcune carriere forniscono quantità industriali di quella che potremmo chiamare “benzina per tradimenti”. Vediamo quali sono questi fattori esplosivi.
Orari che distruggono la vita di coppia
Medici, infermieri, operatori dell’ospitalità, forze dell’ordine, militari: gente che lavora su turni notturni, weekend e festivi. Quando uno dei due partner cena alle undici di sera dopo un turno massacrante e l’altro dorme da tre ore, la connessione emotiva evapora giorno dopo giorno. La coppia diventa una questione logistica, tipo “chi fa la spesa” e “ricordati di pagare la bolletta”. Zero intimità, zero condivisione vera. In quel vuoto, altre persone trovano spazio facilmente.
Trasferte che creano vite parallele
Piloti, assistenti di volo, consulenti, manager, rappresentanti di commercio: professioni dove si vive metà tempo in alberghi, aeroporti, città diverse. La lontananza fisica costruisce automaticamente una vita parallela dove è facilissimo tenere segreti. Non serve essere cattivi, basta la prossimità. Passi più ore con quel collega in sala d’attesa che sul divano di casa, e il cervello umano costruisce legami con chi ha vicino, non con chi è lontano.
Stress che prosciuga le energie relazionali
Avvocati, chirurghi, broker finanziari, manager di alto livello: lavori dove l’adrenalina è cronica e lo stress diventa tossico. Quando il cervello vive in modalità sopravvivenza per mesi, le risorse per gestire una relazione complessa si azzerano. Si cerca sollievo immediato, riconoscimento veloce, qualcosa che non richieda fatica. E spesso quel qualcosa arriva da una persona che capisce perché vive lo stesso inferno lavorativo.
Contesti dove il flirt è parte del mestiere
Venditori, professionisti delle pubbliche relazioni, del settore hospitality, della vita notturna, dello spettacolo: persone pagate per essere carismatiche, socialmente brillanti, attraenti. Il confine tra essere bravi nel lavoro e flirtare diventa sottilissimo. L’alcol accompagna spesso gli incontri professionali. L’autostima lavorativa si nutre di conferme continue sulla propria desiderabilità. Quando quella conferma arriva da qualcuno che non è il partner, può innescare dinamiche pericolose senza nemmeno accorgersene.
Intimità emotiva da trincea
Forze armate, operatori sanitari in pronto soccorso, vigili del fuoco, poliziotti: professioni dove si condividono esperienze di vita o morte, vulnerabilità autentiche, momenti estremi. Questa intimità da battaglia crea legami potentissimi, diversi ma spesso più intensi di quelli domestici. Non è attrazione fisica immediata, è connessione emotiva profonda che può evolversi in qualcosa di più, soprattutto quando a casa la relazione è già in crisi.
Il genere conta: uomini e donne tradiscono diversamente
I dati mostrano differenze significative tra generi. Il sessantaquattro percento degli uomini contro il quarantotto e mezzo percento delle donne ammette di aver tradito almeno una volta nella vita. Ma il gap si allarga drammaticamente in certe fasce d’età: tra i trentenni, gli uomini arrivano al sessantotto percento contro il venti delle donne.
Tra gli uomini in posizioni di potere, dirigenti, chirurghi, avvocati senior, i tassi di infedeltà auto-dichiarati si attestano tra il diciannove e il ventuno percento. Le donne in posizioni analoghe mostrano tassi molto più bassi, tra il nove e il tredici percento. Come mai questa differenza?
La psicologia offre alcune spiegazioni. Il potere professionale è stato storicamente associato nell’immaginario maschile a una sorta di licenza comportamentale. C’è poi il tema delle opportunità asimmetriche: un uomo in posizione di potere riceve più spesso attenzioni, proposte, conferme della propria desiderabilità. Il potere stesso viene percepito come attraente, creando un circolo vizioso.
Ma attenzione: il potere non corrompe automaticamente. Amplifica tendenze preesistenti e moltiplica le occasioni. Una persona con valori solidi e una relazione soddisfacente non tradisce solo perché diventa amministratore delegato. Se però esistono già crepe nella coppia o tratti di personalità inclini alla trasgressione, la posizione di potere funziona da acceleratore.
I tratti di personalità che fanno la differenza
Le professioni non fanno tradire nessuno. Sono le vulnerabilità individuali, amplificate da contesti lavorativi specifici, a creare il rischio reale. Le ricerche in psicologia delle relazioni hanno identificato alcuni tratti comportamentali associati a maggiore probabilità di infedeltà.
La bassa coscienziosità si traduce in difficoltà a mantenere impegni, gestire impulsi, rispettare regole auto-imposte. Se aggiungi orari caotici e occasioni frequenti, la combinazione diventa esplosiva. L’alta estroversione e il bisogno di stimolazione costante portano a cercare novità, eccitazione, interazione sociale intensa. Professioni che offrono questi stimoli possono soddisfare questi bisogni in modo problematico.
Il narcisismo e il bisogno di validazione esterna caratterizzano persone che costruiscono l’autostima sul riconoscimento continuo degli altri. Venditori brillanti, professionisti dello spettacolo, manager carismatici spesso mostrano questi tratti, premiati nel contesto lavorativo ma pericolosi nella vita privata, dove si traducono in ricerca compulsiva di conferme anche affettive e sessuali.
La capacità di compartimentazione, ovvero l’abilità di separare mentalmente sfere diverse della vita, risulta utile per gestire stress lavorativo ma diventa pericolosa quando permette di mantenere doppie vite senza apparente conflitto interno. E poi c’è il predittore più affidabile: la storia di tradimenti precedenti. Se qualcuno ha già tradito, la probabilità di farlo di nuovo è statisticamente più alta, indipendentemente dalla professione.
Il workaholism: quando il vero tradimento è col lavoro
Esiste una forma di infedeltà emotiva di cui si parla poco ma che è strettamente connessa: il workaholism, la dipendenza dal lavoro. Quando la carriera assorbe tutto, quando ogni conversazione a casa gira intorno ai progetti professionali, quando le energie migliori vengono sistematicamente dedicate all’ufficio e al partner restano solo briciole, si crea un vuoto relazionale enorme.
Gli studi sul workaholism mostrano correlazioni significative con minore soddisfazione di coppia, maggiore conflitto tra lavoro e famiglia, distacco emotivo. Questo terreno arido diventa fertile per l’infedeltà in due direzioni: o il workaholic cerca validazione affettiva al lavoro, dove si sente competente e apprezzato, oppure il partner trascurato cerca altrove la connessione che manca a casa.
Molte delle professioni considerate a rischio sono anche quelle dove il workaholism è culturalmente normalizzato, persino celebrato. La cultura delle startup, gli studi legali prestigiosi, la medicina ospedaliera, la finanza: contesti dove sacrificare la vita personale per il lavoro viene visto come segno di dedizione, non come sintomo di squilibrio. E intanto le relazioni implodono silenziosamente.
Segnali di allarme: quando il lavoro mina la coppia
Come capire se il lavoro vostro o del partner sta diventando un fattore di rischio reale? Ci sono pattern comportamentali da osservare con attenzione, senza scivolare nella paranoia ma restando vigili.
- La comunicazione ridotta al minimo logistico: le conversazioni diventano solo organizzative, tipo chi prende i bambini o se hai pagato la bolletta, senza più condivisione emotiva o intimità verbale
- La segretezza crescente: il telefono diventa improvvisamente sacro e inviolabile, le conversazioni di lavoro vengono tenute in stanze separate, emergono password nuove e gelosamente custodite
- Il lavoro come scusa onnipresente: ogni richiesta di tempo insieme, ogni tentativo di connessione viene respinto con la giustificazione lavorativa, e curiosamente la persona sembra più sollevata che dispiaciuta
- L’investimento estetico improvviso: cura dell’aspetto fisico che aumenta drammaticamente in concomitanza con l’ambiente lavorativo, nuovi vestiti, profumi, attenzione al corpo, ma senza tradursi in maggiore intimità a casa
- I cambiamenti emotivi inspiegabili: oscillazioni d’umore, momenti di euforia seguiti da sensi di colpa apparentemente immotivati, distacco emotivo alternato a tentativi improvvisi di compensazione affettiva
Nessuno di questi segnali da solo è prova di tradimento, ma la combinazione di più elementi dovrebbe spingere a una conversazione aperta.
Come proteggere la coppia quando il lavoro è potenzialmente rischioso
Se voi o il vostro partner lavorate in uno di questi settori ad alta opportunità, cosa potete fare concretamente? La buona notizia è che la consapevolezza è già metà della soluzione. Create rituali di connessione non negoziabili: anche con turni impossibili e viaggi frequenti, stabilite momenti sacri di coppia. Una videochiamata prima di dormire quando si è in trasferta, una colazione insieme nel weekend, un’ora dedicata solo alla coppia ogni sera senza telefoni. La quantità di tempo conta meno della sua qualità e sacralità.
La trasparenza proattiva significa condividere spontaneamente. Non perché dovete render conto, ma perché costruire trasparenza riduce sospetti e aumenta fiducia. Raccontare spontaneamente di un pranzo con un collega è molto diverso dal farlo scoprire casualmente. I confini chiari e condivisi richiedono che ogni coppia discuta apertamente cosa è accettabile e cosa no. È ok andare a bere qualcosa dopo lavoro con colleghi? Le confidenze personali profonde con colleghi di sesso diverso sono ammesse? Non esistono risposte universali, solo accordi di coppia espliciti.
La gestione attiva dello stress è cruciale: se il lavoro è fonte di stress cronico, trovate valvole di sfogo sane come sport, terapia, hobby invece di cercare sollievo in relazioni alternative. Lo stress non gestito è un killer silenzioso delle relazioni. Lavorare sui bisogni di riconoscimento significa fare un lavoro più profondo sull’autostima se vi rendete conto che cercate costantemente validazione esterna sulla vostra desiderabilità o competenza. La terapia individuale può aiutare a costruire un senso di valore che non dipenda solo dagli altri.
I check-in periodici sulla relazione dovrebbero essere appuntamenti fissi: una volta al mese, prendetevi un momento per fare il punto sulla coppia. Come stiamo? Ci sono bisogni insoddisfatti? Stiamo trascurando qualcosa? Anticipare le crepe è molto più facile che ripararle quando sono diventate voragini. E considerate la terapia di coppia preventiva: non aspettate che la casa sia in fiamme per chiamare i pompieri. Se riconoscete che il vostro lavoro o quello del partner crea stress relazionale, percorsi di consulenza anche solo come prevenzione possono rafforzare comunicazione e intimità.
La professione non è una condanna
I dati che abbiamo esplorato indicano tendenze statistiche, non destini individuali. Tra l’altro, l’Osservatorio Italiano sull’Infedeltà ha registrato un calo dell’undici percento nei tradimenti in Italia, dal quarantacinque percento del 2022 al quaranta nel 2025. Migliaia di piloti, medici, avvocati, manager, venditori e militari mantengono relazioni fedeli e soddisfacenti per tutta la vita. La professione non è una condanna.
Quello che conta davvero è la combinazione tra ambiente lavorativo, tratti di personalità, qualità della relazione di coppia e gestione consapevole dei fattori di rischio. Una persona con alta coscienziosità, in una relazione soddisfacente, con buone capacità di gestione dei confini, può lavorare come assistente di volo e non tradire mai. Al contrario, qualcuno con tratti narcisistici, in una coppia già fragile, può tradire anche lavorando da casa come impiegato.
L’obiettivo di queste riflessioni non è alimentare paranoia o giudizi, ma offrire strumenti di comprensione. Se il vostro partner fa uno di questi lavori, non significa automaticamente preoccupazione garantita. Significa che forse vale la pena essere più consapevoli, più proattivi nella cura della relazione, più attenti ai segnali di disconnessione.
E se siete voi a lavorare in uno di questi settori, non sentitevi etichettati come potenziali traditori. Sentitevi invece responsabilizzati a costruire confini più solidi, a investire deliberatamente nella vostra relazione, a non dare per scontato che l’amore basti da solo quando le circostanze lo mettono sotto stress continuo. L’infedeltà non è quasi mai una decisione improvvisa. È il risultato di mille piccole disconnessioni, di bisogni ignorati, di opportunità non gestite, di confini mai stabiliti. E la buona notizia è che su ognuno di questi fattori possiamo agire, prima che sia troppo tardi.
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