Stessa confezione ma meno pasta dentro: il segreto delle etichette che devi controllare per non buttare soldi

Quando afferriamo un pacco di pasta secca dallo scaffale del supermercato, siamo davvero sicuri di sapere cosa stiamo acquistando? La risposta potrebbe sorprendervi. Negli ultimi anni, diverse analisi su prodotti di largo consumo hanno documentato fenomeni di shrinkflation, cioè la riduzione del contenuto netto a parità di prezzo o con prezzi aumentati, soprattutto in categorie come snack, biscotti, cioccolato e prodotti secchi da dispensa, tra cui rientra anche la pasta secca. Dietro confezioni dall’aspetto simile può quindi nascondersi una strategia commerciale che passa spesso inosservata: meno prodotto allo stesso prezzo, in un prodotto simbolo della nostra tradizione alimentare.

Il gioco delle grammature invisibili

Passeggiando tra gli scaffali dedicati alla pasta, è possibile trovare confezioni che sembrano identiche per dimensioni e presentazione grafica ma recano indicazioni di peso diverso. In Italia, oltre ai classici formati da 500 grammi, sono ormai diffusi anche formati da 400-450 grammi per vari prodotti secchi, come mostrano i rilievi sui cambi di grammatura condotti dalle associazioni dei consumatori. Il problema non è la varietà di grammature, ma il fatto che queste differenze, soprattutto quando interessano prodotti abituali, tendono a passare inosservate al consumatore poco attento all’etichetta.

Le dimensioni della confezione non devono per legge corrispondere proporzionalmente al contenuto, purché il peso netto sia chiaramente indicato in etichetta, come previsto dal Regolamento europeo sugli alimenti che impone l’indicazione obbligatoria della quantità netta e che le informazioni siano facilmente visibili e leggibili. Ciò consente confezioni che occupano lo stesso spazio sullo scaffale ma contengono quantitativi diversi di prodotto, generando un’illusione ottica per chi non controlla il peso.

L’aritmetica nascosta del carrello della spesa

Facciamo un esempio concreto per comprendere l’impatto economico di questa pratica. Due confezioni apparentemente equivalenti, entrambe proposte a 1,20 euro: la prima contiene 500 grammi di pasta, la seconda 400 grammi. Calcolando il prezzo al chilogrammo, la prima costa 2,40 euro al kg, mentre la seconda arriva a 3,00 euro al kg. La seconda costa quindi il 25% in più al chilo rispetto alla prima. Questo tipo di differenza di prezzo è esattamente ciò che le normative europee cercano di rendere trasparente imponendo, nei punti vendita al dettaglio, l’indicazione del prezzo per unità di misura per facilitare i confronti tra prodotti simili.

Moltiplicando sovrapprezzi di questo tipo per tutti gli acquisti di prodotti di base effettuati in un anno, le analisi delle associazioni dei consumatori indicano impatti non trascurabili sulla spesa annuale, con stime di decine di euro l’anno per famiglia legate a fenomeni di shrinkflation su più categorie, soprattutto in periodi di inflazione elevata.

Perché verificare il peso netto è fondamentale

La legislazione europea sugli alimenti impone che la quantità netta sia indicata in modo chiaro nello stesso campo visivo della denominazione del prodotto. Tuttavia, il regolamento richiede che le informazioni siano facilmente visibili e chiaramente leggibili ma non specifica dimensioni grafiche uniche per tutti i prodotti, motivo per cui nella pratica il dato può comparire in caratteri relativamente piccoli, anche se legalmente conformi.

Molti consumatori, secondo indagini sul comportamento d’acquisto, tendono a basarsi soprattutto sul prezzo esposto e sull’aspetto generale della confezione, sottostimando il ruolo del prezzo unitario e del peso netto nelle decisioni di spesa. Questo aumenta il rischio di errori di valutazione, soprattutto quando le grammature cambiano senza una chiara percezione del consumatore.

Le strategie di confusione visiva

Studi di marketing sul comportamento del consumatore mostrano che la dimensione apparente della confezione, il design e il riempimento interno influenzano fortemente la percezione di quantità, inducendo spesso a sovrastimare il contenuto reale. Confezioni più alte o più larghe, o con forme che aumentano l’ingombro visivo, possono dare l’impressione di offrire più prodotto, anche quando la quantità netta è inferiore.

Elementi grafici accattivanti, colori vivaci e claim nutrizionali o salutistici in evidenza attirano l’attenzione sugli aspetti emozionali del prodotto, mentre le informazioni quantitative come peso netto e prezzo al kg restano in secondo piano. Questo allineamento tra design e decisioni emotive è ben documentato dalla letteratura sul packaging design e sulla prominenza visiva delle informazioni di marketing rispetto a quelle nutrizionali e quantitative.

Come difendersi e fare acquisti consapevoli

Gli strumenti principali a disposizione del consumatore sono semplici ma efficaci:

  • Controllare sempre il peso netto riportato in etichetta, obbligatorio per legge secondo il Regolamento europeo
  • Usare il prezzo al chilogrammo indicato sullo scaffale, che la normativa europea richiede proprio per agevolare confronti trasparenti tra prodotti
  • Ricorrere al calcolo rapido, anche con lo smartphone, almeno per i prodotti acquistati più spesso

Studi sperimentali mostrano che la disponibilità e l’uso del prezzo unitario migliorano l’accuratezza delle scelte di convenienza, riducendo l’impatto delle strategie di packaging sulle decisioni di acquisto. Una volta memorizzati i prezzi medi al kg dei prodotti acquistati regolarmente come pasta, riso e olio, diventa più semplice riconoscere offerte realmente vantaggiose rispetto a quelle basate solo su cambi di formato o di confezione.

La questione delle porzioni e dello spreco

Dal punto di vista nutrizionale, le linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità e di altre istituzioni europee indicano porzioni di pasta cotta dell’ordine di 80-100 grammi di pasta secca a persona per un pasto principale in un adulto sano, a seconda del fabbisogno energetico. Se si pianificano i pasti abitualmente sulla base di 100 grammi a persona e si presume che una confezione sia da 500 grammi mentre in realtà è da 400 grammi, ci si può trovare con porzioni inferiori alle attese o costretti ad aprire un secondo pacco per completare il pasto.

Una scarsa consapevolezza delle grammature effettive può anche complicare la gestione della dispensa, portando a scorte insufficienti per la settimana o, all’opposto, ad acquisti ridondanti. La pianificazione della spesa, come sottolineato dagli studi sulla prevenzione dello spreco alimentare domestico, beneficia di una buona conoscenza delle quantità effettivamente acquistate e utilizzate nei pasti.

Il valore della trasparenza

Come consumatori, possiamo incoraggiare pratiche più trasparenti privilegiando prodotti con indicazioni di quantità e prezzo unitario ben leggibili. Le aziende che adottano un packaging in cui il volume apparente non è in forte contrasto con la quantità netta seguono i principi di comunicazione corretta al consumatore sanciti dal Regolamento europeo che vieta le pratiche ingannevoli.

Ogni acquisto rappresenta una forma di segnale di mercato: le ricerche sui comportamenti di consumo responsabile mostrano che la domanda per maggiore trasparenza può influenzare le strategie di marca nel medio periodo. La pasta, alimento quotidiano e parte centrale della nostra cultura alimentare, merita attenzione non solo per la qualità nutrizionale ma anche per la chiarezza con cui viene presentata al consumatore, trasformando un gesto abituale in una scelta più consapevole, sia per il portafoglio sia per il diritto a un’informazione corretta.

Quando compri la pasta controlli il peso netto sulla confezione?
Sempre prima di acquistare
Solo se ho dubbi
Quasi mai ci penso
Guardo solo il prezzo totale
Non sapevo fosse importante

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